articolo de Il Messaggero

SARA’ anche poco rock’ n’roll andare in tour con il bebè al seguito. Ma la neo mamma e cantante Elisa Toffoli è nel momento più bello della sua vita. «E’ dura - racconta - ma andare a dormire dopo il concerto con la mia piccola Emma Cecile è una sensazione indescrivibile». Così Elisa prosegue la tournée che la sta accompagnando nei maggiori Palasport d’Italia. E domenica arriverà ad Ancona per il tanto atteso concerto al PalaRossini. Intanto il suo ultimo album “Heart” ha avuto un successo oltre le migliori previsioni. L’airplay radiofonico è attualmente conquistato dal singolo Someone to love, terzo estratto dal disco. Insomma, sembra che tutto sia a suo favore. Anche la stampa specializzata e i network radiofonici nazionali non fanno che incensare il lavoro di Elisa che, per la prima volta, si accaparra anche la copertina del mensile Rolling Stone. «E’ stato un immenso piacere per me - continua la cantante triestina - Rolling Stone è da sempre la Bibbia del rock’n’roll. Non posso che essere orgogliosa di avere la copertina di un così importante magazine musicale».
Ma quando si guarda alle spalle e pensa ai suoi esordi, che cosa prova ora che è arrivata così lontano?
«Ho un bel ricordo dei miei inizi, ma non provo quella tenerezza che magari si ha nei confronti di una ragazzina che ancora non conosce il suo futuro. Forse avevo già le idee chiare anche se non sapevo che sarei arrivata fin dove mi trovo. Credo di aver avuto la fortuna di essere partita con il piede giusto».
Disco nuovo e spettacolo sicuramente nuovo. Qual è la caratteristica predominante del suo attuale tour?
«Dunque, devo dire che suonare nei palasport non favorisce l’ascolto della musica. Nel senso che in questi posti si ha sempre un problema di acustica visto che i palas non nascono come luoghi deputati all’allestimento di spettacoli musicali. Così ho impreziosito lo show con l’elemento visivo. Ovvero: il palco non sarà nero, ma interamente bianco. Perché sarà lo schermo su cui un proiettore invierà una serie di immagini. E’ una tecnica digitale nuova. Abbiamo un software che si occupa di fare elettronicamente la mappatura del palco. E in base al tipo di superficie invia determinate immagini. Inoltre faremo anche un tributo a Michael Jackson con la proiezione di filmati in 3D».
Insomma le piace sperimentare. Ma lei ha già fatto del rock di matrice inglese, come anche brani in italiano che rimandano alla tradizione musicale del nostro Paese. Ha per caso già un’idea del suo prossimo passo?
«E’ ancora presto per dirlo. Ma mi piacerebbe produrre un suono più essenziale, con delle linee anche piuttosto massicce. In futuro vorrei meno arrangiamenti elettronici e più spinta con un suono potente e scarno».
Secondo lei in Italia la musica viene concepita come espressione culturale?
«Purtroppo no, lo sappiamo già da tantissimi anni. Noi, inteso come popolo italiano, avremmo la capacità di essere molto creativi anche se allo stesso tempo non siamo in grado di difendere e valorizzare il nostro patrimonio artistico. In realtà vorremmo sempre assomigliare a modelli stranieri, quando la bellezza artistica ce l’abbiamo in casa nostra. E poi la musica non viene trattata alla pari di una qualsiasi altra forma d’arte. Peccato».

Ha per caso già un’idea del suo prossimo passo?
«E’ ancora presto per dirlo. Ma mi piacerebbe produrre un suono più essenziale, con delle linee anche piuttosto massicce. In futuro vorrei meno arrangiamenti elettronici e più spinta con un suono potente e scarno».